“La Bellezza è una forma del Genio – scriveva Oscar Wilde – è persino più alta del Genio perché non necessita di spiegazioni.”
E’ sulla scorta di questa idea che ho scritto il testo per lo spettacolo “Le pietre parlano”, proposta di Moving Museum nata da un’iniziativa di Laurana Lajolo per valorizzare la Cripta di Sant’Anastasio.
Che cosa si può scrivere per descrivere qualcosa di bello che non necessita di spiegazioni? E’ intorno a questa domanda che ho ragionato arrivando alla conclusione che l’unico modo per dire al pubblico “l’indicibile” è passare attraverso una suggestione, usando la lingua italiana mescolata ad altre lingue. “Le pietre parlano” è in sostanza una sinestesia, letteralmente un fenomeno sensoriale e percettivo, una “contaminazione” dei sensi nella percezione. Il testo riecheggia la filosofia neoplatonica e la Patristica nel tentativo di aderire allo spirito con cui i reperti archeologici sono stati concepiti e realizzati nell’Antichità.
I manufatti conservati nella Cripta sono la produzione di mani esperte che nell’antichità hanno tradotto in immagini bi- o tri-dimensionali l’ideologia dominante. Al tempo il lavoro veniva eseguito da squadre di maestranze tanto esperte quanto misconosciute.L’artista non era una star come la intendiamo oggi ma faceva parte di un coro. Il prodotto finale era frutto dello sforzo collettivo, della capacità di sincronizzare i talenti a disposizione. Per millenni quella che oggi chiamiamo Arte è stata creata da artisti ignoti di cui non ci restano che le opere. E’ sull’esempio di questi “artisti corali” che lo spettacolo è nato, nessuno prevale sull’altro ma tutti concorrono a un risultato artistico in cui si cerca di esprimere il meglio di sé. Il coinvolgimento degli studenti ha permesso di potenziare questa idea creativa di base, ognuno è stato protagonista in un’opera che mescola il talento di ciascuno e lo trasforma in “effetto cinestesico”.
Se oggi abbiamo nel nostro Paese grandi capolavori senza nome è perché gli artisti creatori erano perfettamente padroni del loro mestiere ma allo stesso tempo così grandi da rinunciare umilmente al proprio ego. Bisogna avere caratteristiche pregevoli per accettare di confondersi nel coro, per alienarsi nel senso buono del termine. Quest’immagine dell’artista corale è in netto contrasto con ciò che l’Arte ha vissuto nel XX secolo, una visione che non ci ha ancora abbandonati. Oggi il lavoro artistico è confuso con la notorietà del suo artefice e questo spesso trasforma e sminuisce l’Arte, riducendola a pura operazione di marketing.
Lavorando a “Le pietre parlano” abbiamo umilmente voluto ribellarci alla perdita di sostanza artistica, abbiamo voluto tornare indietro nel tempo, riscoprire un tesoro perduto …
Laura Calosso (autrice del testo)
Note di regia
Lo spettacolo consiste in una sorta di visita guidata fuori dagli schemi. E’ concepito come una sequenza di quadri scenici che hanno al centro i reperti archeologici.
L’idea è di sovvertire i canoni della consueta fruizione museale e far provare al pubblico la sensazione di “scendere nel tempo”.
Lavorare insieme ai ragazzi delle scuole superiori che si sono occupati di video, danze, fotografie, costumi, recitazione, disegno, grafiche, musiche dal vivo è stata un’esperienza interessante perché l’entusiasmo dei ragazzi è diventato una parte costitutiva dello spettacolo e ha contribuito a modellare l’idea originaria da cui si era partiti.
I musei non sono luoghi statici dove ci si annoia, sono palcoscenici da animare in modo da interagire con l’Arte antica, sentendola viva.
Il coordinamento di tutti i contributi, compreso quello importantissimo degli insegnanti e dei tecnici, ha richiesto molte energie ma mi ha dato grande soddisfazione, perché niente è più stimolante del lavoro di gruppo quando tutti si sentono liberi di proporre idee, sapendo che – se sono valide – verranno accolte.
Lo spettacolo adesso è pronto ma sono certo che a ogni replica sarà diverso perché l’emozione del pubblico è l’ingrediente che modificherà l’esibizione a ogni appuntamento. La presenza del pubblico dentro alla scena renderà ogni performance una performance unica.
Paolo Melano (regia)