Tanaro fiume amico-nemico. Miti, leggende e memorie d’acqua.
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Tanaro fiume amico-nemico. Miti, leggende e memorie d’acqua.

Introduzione di Paolo Conte

Posseggo, del Tanaro, dei bei ricordi antichi, che si rialzano nella memoria tutte le volto che passo di lì. Nostro nonno aveva un birocio con una dolce cavallina nera,la Nina, tanti anni fa. Qualche volta d’estate andavamo a cenare sul fiume e, partendo tra il tardo pomeriggio e la sera più o meno da Viatosto, scendevamo nella città affondata nel caldo attraversandola tutta: il Fontanino, il campo da football, corso Dante in discesa fino a piazza Alfieri, poi piazza del mercato e della stazione e alla fine il rettilineo bello largo di corso Savona. Su questo rettilineo la cavallina dava immancabilmente il suo spettacolo personale, affrontando il percorso in velocità con un trotto speciale, tutto impegnato a centrare con gli zoccoli, con rara precisione, i grandi riquadri che asfattavano lo stradone. Su quel ritmo, io e Giorgio, a turno, ci coricavamo nel soffietto della capotte e facevamo il viaggio guardando in aria i cieli di Asti scorrere e trascolorare.

Erano estati grandi e profonde. Arrivati tra gli alberi della riva, il piccolo e formidabile ristorante “Margherita” offriva subito le sue meraviglie. Per prima cosa delle teglie bollenti di pesciolini infarinati, croccanti e appena pescati. Poi arrivavano anguilla del Tanaro vuoi carpionata vuoi al verde o alla livornese, carpe, tinche, piatti alla cacciatora, minestrone servito, alla fine, alla maniera francese, acqua Edea e bottiglie di vini che mai più il mondo conoscerà. Era una tettoia di coppi appoggiata su quattro pilastri di mattoni, illuminata da poche lampade dalla luce calda quando la notte, nell’aroma del caffè fatto con la “napoletana”, sopraggiungeva scura e silenziosa come in India. Là si stava in un’oasi, con il fiume vicino. Mi è capitato già una volta di parlare pubblicamente deli nostro fiume in una trasmissione televisiva di dieci e più anni fa. Dicevo che i fiumi sono un universo in movimento, arrivano da lontano portando pensieri di montagna e se ne vanno via trascinandosi le idee della pianura. Beate le città (Firenze, Parigi … ) costruite a cavallo di un fiume che le attraversa nel mezzo, così che le due rive, con finestre guardandosi, sporgendosi con balconi e raggiungendosi con ponti e terrazze, godono di quella presenza viva. Ci sono dialoghi e discorsi che si incrociano sopra quel transito d’acqua. Asti ha un carattere notoriamente rigido e poco incline alla comunicatività. Guarda caso il suo fiume, benchè amato e desiderato, scorre ai confini, fuori mura, è una presenza un po’ lontana, non sempre vissuta dalla popolazione dei centro. Queste considerazioni, che avevano incontrato qualche gentile interesse presso persone forestiere, di altre città, tuttavia da Asti non avevano avuto niente altro che una risposta accusatrice. Sulle pagine di un giornale cittadino, un prete, mosso da animo cattivo, avendomi scambiato, chissà perchè, per uno che voleva fare il sociologo, mi aveva dato apertamente dell’imbecitte e dei visionario, chiudendo le sue accuse con un “Misericordia!” degno di una scomunica. Ma io avevo parlato con cuore di guitto, di artista, di saltimbanco.

Paolo Conte

Daniela Piazza Editore, 1995